Monster Hunter Rise

Fa veramente strano trovarsi a scrivere queste righe introduttive alla recensione di Monster Hunter Rise, avendo archiviato Monster Hunter World: Iceborne neanche sei mesi fa. C’è stato un tempo in cui passavano addirittura anni tra un Monster Hunter e l’altro, un tempo in cui guardavamo con ansia e invidia i gameplay che arrivavano dal Sol Levante, quando ci toccava aspettare la localizzazione e qualcuno, non potendo più aspettare, se lo giocava in giapponese. Oggi possiamo permetterci il lusso di non perdere tempo a spiegare cos’è Monster Hunter, visto che la sua popolarità, schizzata alle stelle soprattutto grazie a Monster Hunter World, è ormai consolidata. Dobbiamo ammettere che l’andazzo ci preoccupa un po’, specie per chi ricomincia da capo così presto, ma se avete saltato la precedente iterazione per PlayStation 4, Xbox One e PC, be’, buon per voi: come scoprirete leggendo la recensione di Monster Hunter Rise, sta per diventare il vostro nuovo gioco preferito.
Formato Nintendo Switch
Se invece avete giocato a Monster Hunter World un numero adeguato di ore, il passaggio a questo Monster Hunter per Nintendo Switch potrebbe suscitarvi sentimenti contrastanti. Certo, Monster Hunter Rise non è Monster Hunter Generations Ultimate: quest’ultimo era una conversione da Nintendo 3DS, e anche a livello di gameplay i due titoli Capcom spartiscono relativamente poco. È indubbio che uno sguardo attento noterà tutte le inadeguatezze di un hardware più limitato: il conteggio poligonale è nettamente inferiore a quanto visto nel World, specialmente per quanto riguarda le mappe, e i colori appaiono meno vividi, le texture meno definite. Il colpo d’occhio generale, però, è straordinario, e Monster Hunter Rise rappresenta una specie di miracolo. Gli sviluppatori di Capcom sono scesi a compromessi, ma hanno trovato la quadratura del cerchio, compensando le criticità con una direzione artistica sublime che maschera ogni ristrettezza e una velocità dei caricamenti fulminea.

Sì, Monster Hunter Rise non è graficamente complesso come World, ma gira a trenta fotogrammi granitici in qualsiasi situazione, che si giochi da soli o insieme a tre amici. La demo lo aveva già suggerito, ma il codice finale lo conferma: Rise non perde un colpo neppure quando ci si ritrova a combattere in quattro, coi rispettivi compagni Felyne o Canyne, contro due o più mostri. Ci sono effetti grafici ovunque e il gioco comunque non rallenta; anzi, sembra assurdo lamentare l’eccessiva confusione che si viene a creare e che rende l’azione meno leggibile: il paradosso, insomma, è che il motore grafico gestisca tutto questo ben di Dio senza battere ciglio. Il merito va soprattutto allo scalabilissimo RE Engine, ma gli omini che hanno codificato il tutto sono dei maghi. Abbiamo giocato Monster Hunter Rise a lungo, sia sul TV sia in portabilità: nel primo caso, l’immagine a 756p può apparire leggermente più sporca ma risulta comunque abbastanza definita grazie anche a un filtro antialiasing più che discreto; in portabilità la risoluzione scende a 540p ma, complici anche le dimensioni contenute del display, il titolo Capcom mantiene una chiarezza e una stabilità invidiabili.
Il mondo di gioco

Le mappe di Monster Hunter Rise sono un po’ più piccole rispetto a quelle di Monster Hunter World, ma dopo averle esplorate in lungo e in largo possiamo affermare di averle apprezzate sicuramente di più: hanno infatti una loro personalità che le eleva sopra quelle di World, che erano realistiche, verosimili, sì, ma anche abbastanza stereotipate. Rise gioca sugli stessi cliché, ma gli artisti di Capcom hanno caratterizzato ogni singola mappa con dettagli preziosi che conferiscono all’atmosfera una marcia in più, grazie anche a una colonna sonora ispiratissima, spesso cantata. Sopra le cascate e le montagne nebbiose delle Rovine sacre si ergono piccoli santuari e costruzioni disabitate, mentre le strutture piramidali sovrastanti la Foresta inondata nascondono segreti che solo i cacciatori più abili possono scoprire. I relitti abbandonati nei laghi delle Isole ghiacciate e i muri logorati dalle intemperie nelle Piane sabbiose muoiono dalla voglia di raccontarci una storia che non possiamo ascoltare, e il vulcano sopra le Caverne laviche… be’, quello è un vulcano e basta, ma le sue viscere labirintiche sono un trionfo di level design.

Esplorare è una gioia: le mappe sono piene di segreti, scorciatoie, punti di interesse e dislivelli che svettano in verticalità, rivelando una profondità e complessità insospettabili quando si supera con lo sguardo la minimappa e ci si comincia a raccapezzare con le possibilità che offrono l’Insetto filo e la rinnovata libertà di movimento. La combinazione di movimenti, controlli e geometria si esprime in un’armonia che si vede raramente. L’esplorazione diventa una parte integrante del gameplay, che si debba attraversare la mappa a piedi o in groppa al Canyne. I Maxinsetti filo collocati nei punti strategici garantiscono spostamenti più rapidi da una zona all’altra della mappa, ma ci si può sempre muovere nello spazio tridimensionale combinando a piacimento il Filoscatto con la corsa a parete, i salti automatici e lo stallo a mezz’aria. Il titolo Capcom offre una miriade di meccaniche che si incrociano con naturalezza e si padroneggiano nel giro di pochi minuti.

Una volta assimilate le mappe, Monster Hunter Rise assume contorni strategici tutti nuovi anche per i cacciatori più navigati. La parola d’ordine sembrerebbe essere libertà: non solo di spostarsi, ma anche di affrontare il nemico. Si può caricare a testa bassa e portarsi dietro tutto l’arsenale (trappole, bombe botte e così via) oppure, in questo caso, fare le dovute deviazioni e setacciare la mappa in cerca di fauna endemica. Quest’ultima è stata enormemente riprogettata e ora include una quantità esorbitante di animaletti che conferiscono bonus temporanei e permanenti, oppure che possono essere messi in gabbia e liberati in un secondo momento per sfruttare le loro proprietà speciali a spese del nemico. La minimappa a schermo mostra fin da subito la posizione di queste creaturine, ma anche dei mostri di grandi dimensioni che si aggirano nella zona, per gentile concessione del nostro Gugufo che ci segue dall’alto: può sembrare una semplificazione sapere fin da subito dov’è questo o quel mostro, ma è un meccanismo pensato proprio per concedere al giocatore il lusso della strategia.

Sarà lui, in definitiva, a scegliere se tirare dritto e attaccare subito il bersaglio, oppure passare prima per un altro mostro, saltargli in groppa e cominciare lo scontro così. Sotto questo punto di vista, Monster Hunter Rise offre una varietà di approcci mai vista prima nella serie. Capcom sembrerebbe aver pensato proprio a tutto: sarebbe stato facile manipolare le nuove dinamiche per trivializzare i combattimenti, così subentrano i vari parametri che remano contro il giocatore, a cominciare dai tempi di ricarica degli Insetti filo – che limitano, dunque, la sua capacità di spostarsi liberamente durante gli scontri – per passare alle nuove abilità dei mostri, fondate su un’intelligenza artificiale mediamente più acuta: i bestioni sono più aggressivi, ci inseguono sopra e sotto quando possibile, e ci attaccano persino a distanza se proprio non riescono a raggiungerci.
I mostri

Monster Hunter Rise conta una quarantina di mostri che si affrontano in missioni di basso e alto grado. Come spesso accade con le release iniziali, il titolo Capcom non comprende il Grado Maestro; inoltre, la storia che fa da filo conduttore è molto più striminzita rispetto a quella vista in Monster Hunter World: ogni tanto gli abitanti del villaggio di Kamura si faranno vivi nelle breve cinematiche che danno un senso alla progressione, ma che a conti fatti aggiungono poco e niente alla narrativa. È ironico, se si considera quanto siano ben caratterizzati gli abitanti di Kamura, più che altro sotto il profilo estetico, ma l’intero villaggio, zona per zona, profuma di Giappone feudale, miscelando tutti quei particolari che abbiamo imparato a conoscere e amare nei manga e negli anime. Il villaggio è semplicemente splendido, facilissimo da navigare grazie agli spostamenti rapidi e alla collocazione intelligente dei vari servizi. Peraltro, è possibile personalizzarlo: se per qualche motivo siete stufi di sentire cantare Hinoa, potete sempre scegliere un’altra musica di sottofondo nel vostro alloggio.

Venendo ai mostri, il bestiario include facce vecchie e nuove, compresi alcuni mostri iconici come lo Zinogre, il Rathalos o il Nargacuga. Alcuni provengono direttamente da Monster Hunter World, come il Tobi-Kadachi o l’Anjanath, e altri risalgono ai Monster Hunter di vecchia generazione: è il caso del Mizutsune o del Volvidon. La varietà di scheletri è enorme e conta anche i leviatani, grandi assenti in World per ragioni tecniche: questo ovviamente incide sulla diversità degli scontri e delle dinamiche di gioco, poiché ogni nuovo livello di difficoltà, contraddistinto dalle canoniche stelline, mescola sapientemente diversi tipi di creature. I grandi protagonisti sono ovviamente i mostri totalmente inediti, e non possiamo fare altro che applaudire Capcom con una lunga standing ovation: sono probabilmente tra i mostri più ingegnosi, eccentrici e divertenti che ci sia capitato di affrontare in tanti anni di cacce. Il Magnamalo non dovrebbe avere bisogno di presentazioni: probabilmente lo avete affrontato nella demo e le avete prese di santa ragione.

Non temete: nel codice finale il mostro copertina è molto più docile, ma resta comunque un osso duro che vi darà del filo da torcere. Abbiamo poi adorato mostri come il Goss Harag, che ci ha preso alla sprovvista con la sua impensabile agilità e una enorme varietà di attacchi incentrati sulla sua capacità di trasformare le zampe in lame ghiacciate, e il Bishaten, che può infliggere diverse condizioni negative in base alla frutta che raccoglie e che si muove con caotica erraticità. Potremmo tessere le lodi di ogni nuovo mostro – e probabilmente lo faremo in uno speciale dedicato – ma siamo veramente soddisfatti: lo staff di Yasunori Ichinose e Ryozo Tsujimoto si è veramente superato sia sotto il profilo del combattimento, sia sotto quello artistico, cominciando con le musiche vecchie e nuove che accompagnano magistralmente l’azione. I nuovi mostri sono proprio belli, così come le armature e le armi che si fabbricano dopo averli smembrati, e sarete felici di sapere che la maggior parte delle armi ha un’estetica propria che si lascia alle spalle il riciclo di modelli e texture visto nella prima versione di Monster Hunter World.
Armi e combattimenti

Sul sistema di combattimento di Monster Hunter Rise si potrebbe scrivere un papiro. Confidiamo che conosciate le basi o che abbiate scaricato la demo per provarlo con mano, quindi vale la pena saltare i convenevoli e spiegare subito cosa c’è di nuovo. La maggior parte delle armi ha ereditato i moveset da Monster Hunter World: a livello basilare, le differenze sono minime, ma l’introduzione dell’Insetto filo cambia profondamente alcune abilità, nonché le dinamiche e i tempi degli scontri. Gli attacchi fildiseta sono solo la punta dell’iceberg, nonché i più facili da spiegare: ogni arma comincia con due abilità che consumano una o due cariche di Insetto filo, che poi si rigenerano più o meno rapidamente in base alla mossa che le ha consumate. Per esempio, l’Insetto filo si ricarica molto velocemente dopo un Filoscatto o una Filocaduta – una tecnica che dovrete assolutamente imparare a padroneggiare – ma molto più lentamente dopo aver usato una mossa come Posa serena della Spada lunga. Non bisogna imparare solo i tempi di ricarica, ma anche decidere nello spazio di un respiro come e quando consumare una carica di Insetto filo.

Meglio restare a terra e sfruttare l’invulnerabilità temporanea, o rialzarsi al volo con una Filocaduta? E in che direzione? Atterrerete subito per inghiottire una Mega Pozione o userete un altro Filoscatto a mezz’aria per mettere più spazio possibile tra voi e il mostro? La rapidità con cui vi ritroverete a prendere queste decisioni nel mezzo di uno scontro conferisce al nuovo sistema di combattimento connotati più action che in passato. Nel giro di qualche ora vi ritroverete a guizzare sopra i mostri, sganciando Bombe botte in volo, e a spostarvi come novelli Spider-Man in cerca dell’angolazione migliore per vibrare il vostro colpo più potente. L’Insetto filo non è una feature che rende gli scontri solo più dinamici e frenetici, ma anche più coinvolgenti e spettacolari. Ai veterani del franchise, che magari hanno sempre amato la flemmatica pesantezza del sistema di combattimento classico, tutta questa velocità potrebbe far storcere il naso. Tuttavia, Monster Hunter Rise riesce nel difficilissimo compito di restare fedele alla serie, senza snaturarla.

Gli errori si pagano ancora a caro prezzo. Probabilmente supererete in fretta le missioni di basso grado, specie se conoscete i mostri o avete dimestichezza con la serie e le sue dinamiche, ma i mostri di alto grado vi spezzeranno senza fare troppi complimenti, annientandovi con un colpo ben piazzato non appena sbagliate un Filoscatto o azzardate un attacco di troppo con le resistenze inadeguate. È proprio qui che si innesta la Cavalcatura wyvern. Inizialmente ci era sembrata solo una variante più rigida e macchinosa del Rampino artiglio introdotto in Monster Hunter World, ma poi ci abbiamo preso la mano e, pur riconoscendole sempre una certa pesantezza, soprattutto nell’esecuzione, abbiamo cominciato a intravedere meglio le opportunità che offre anche sul profilo tattico. Gli obiettivi delle cacce sono solitamente molto resistenti a questa meccanica, ma gli altri mostri sono invece più facili da assoggettare con gli attacchi fildiseta o il Burattiragno: a quel punto, cavalcare un mostro significa mettere a segno colpi gratuiti sul malcapitato obiettivo della caccia.

Libertà di muoversi, libertà di attaccare il mostro come si preferisce, libertà anche di personalizzare il proprio arsenale. Questa volta il cacciatore può contare su due compagni in single player e uno in multigiocatore, e scegliere se portare con sé il Felyne, con le sue molteplici abilità di supporto, o il Canyne, che oltre a essere un mezzo di trasporto è anche un combattente formidabile grazie a una interessante varietà di gadget che possono essere equipaggiati due alla volta. I Felyne e i Canyne si microgestiscono come nei vecchi Monster Hunter: guadagnano punti esperienza e, insieme ai level up, nuove abilità passive che possiamo selezionare, ragion per cui vale la pena ingaggiare tanti compagni diversi in cerca della combinazione perfetta. Possiamo inoltre mandarli in missione per recuperare materiali extra mentre siamo a caccia, o inviarli a mercanteggiare coi sottomarini che si sbloccano completando le missioni secondarie e che fanno le veci della solita fattoria.

Un’ulteriore possibilità di personalizzazione è offerta direttamente dalle armi attraverso le cosiddette Abilità scambio che si sbloccano dopo aver completato alcune missioni specifiche. Basta passare dal forziere e accedere all’apposito menù per alternare alcune abilità nel moveset dell’arma che stiamo impugnando. Alcune di queste Abilità scambio incidono marginalmente sul gameplay, altre invece cambiano proprio il modo di combattere. Il caso più eclatante e significativo è rappresentato dal Corno da caccia, arma che è stata profondamente riveduta in questa iterazione di Monster Hunter: i veterani che preferivano il vecchio sistema di controllo, con le melodie da comporre e suonare in momenti diversi, non disperino, perché l’Abilità scambio consente proprio di ripristinare quella dinamica al posto della nuova. Le Abilità scambio sono essenzialmente una versione più intuitiva e meno restrittiva degli Stili di caccia implementati in Monster Hunter Generations: garantiscono una discreta flessibilità, ma non stravolgono il bilanciamento, e anzi fanno sì che alcune armi guadagnino un appeal tutto nuovo.